MAREMOTO, Una testimonianza. Manuela Urru: “Paura alle Maldive”

30 dic. - Isola di Kanifinholu, arcipelago delle Maldive. A sud-ovest dello Sri Lanka, ad appena 20 km dalla capitale maldiviana Malé. 800 metri in lunghezza, 200 in larghezza, all’interno dei quali è insediato un villaggio Club Med. In questa isola giardino, che emerge dall'Oceano Indiano, da alcuni mesi avevo il ruolo di responsabile planning, con il compito principale dell’assegnazione delle camere: 209 in tutto, di cui 46 in bungalow sull’acqua, con 400 ospiti, 59 italiani. Un villaggio a fior d'acqua, circondato da una spiaggia bianchissima e da palme, su un’isola paradisiaca che mai avrei creduto ci avrebbe fatto tanta paura. Sono le 10.30 di domenica 26 dicembre, all’interno della reception ho appena finito una conferenza d’informazione per due turisti australiani arrivati la sera prima. All’improvviso il mio sguardo viene attirato da un ruscello d’acqua, che mi fa pensare alla rottura di un tubo, non potendo assolutamente immaginare che quell’acqua arrivasse direttamente dal mare. E invece era lo Tsunami, che aveva già spazzato dodici bungalow sul mare e il pontile di legno che li collegava alla terraferma. Non ho visto un’onda alta, ma solamente un innalzamento del livello del mare che arrivava a coprire il pontile di accesso all’Isola e poi la inondava. Quindi, si ritirava e dopo qualche minuto si risollevava nuovamente. Due interminabili ore di un innaturale movimento del mare. Incredibile, se si pensa che le spiagge delle Maldive, protette dalla barriera corallina, non conoscono le onde. La nostra prima preoccupazione è stata quella di salvare i ‘GM’ (‘gentil membre’, come al Club Med si chiamano i clienti) che si trovavano nei bungalow sull’acqua, quelli spazzati dalle onde. Con il prontissimo intervento del personale delle barche, i ‘GM’ sono stati portati in salvo dai motoscafi e prontamente accuditi dai ‘GO’ (‘gentil organisateur’, il personale del Club Med), che hanno gestito la situazione con grande professionalità. Subito dopo, il Capo villaggio ha riunito clienti e personale attorno alla piscina, posizionata nel punto più alto dell’Isola, dove l’acqua non arrivava, distribuendo a tutti i giubbottini salvagente che, per nostra fortuna, non sono serviti. Finita la crisi e passata la paura, verso le 13, ci siamo preoccupati di sistemare i clienti nelle camere rimaste agibili, nonostante le difficili condizioni: mancava l’acqua, mancava l’elettricità e le condizioni igieniche non erano ottimali. L’indomani, il Governo Italiano ha organizzato alcuni voli charter per tutti gli italiani, i primi stranieri che, grazie all’ineccepibile organizzazione della Farnesina, sono riusciti a lasciare la zona del disastro. Io, come tutto il personale del Club, sarei dovuta partire dopo tutti i clienti, ma il Ministero degli Esteri ha chiesto il rientro anche degli italiani con permesso di soggiorno per lavoro. Quindi tappa a Malé, dove mi sono imbarcata per Milano e da Malpensa per Cagliari. Ora, in queste poche righe, posso raccontare la cronaca di una mattina, durante la quale alcune ore sono sembrate un’eternità. Attimi di inimagginabile paura vissuti in un’isola dorata, dove i maldiviani sono solo di contorno, eseguono i lavori più umili e vivono prevalentemente di turismo. A noi è bastato prendere un volo per allontanarci dal disastro, loro sono ancora là. A loro è rimasta la ricostruzione e un futuro incerto, come se già non bastassero le loro tristi condizioni di povertà.
Manuela Urru
(in esclusiva per admaioramedia.it)